sabato 24 settembre 2011

"Volevo solo vendere la pizza" di L.Furini


Prima di dare una mia opinione, mi piace documentarmi il più possibile sui fatti. Su un libro, su un film o semplicemente su un tema di discussione. Da diversi mesi ero incuriosito dal libro di Luigi Furini (leggi il suo blog) "Volevo solo vendere pizza" che narra "le disavventure di un piccolo imprenditore"; incuriosito perchè come sapete (e come già ne ho scritto altre volte) il mio sogno nel cassetto è quello di mettermi in proprio. Incuriosito ed attratto dall'argomento inizio subito la lettura e subito dopo le prime pagine iniziano nella mia mente le prime domande, alle quali inizialmente non do tanto peso in quanto curioso di arrivare alla fine del libro per avere finalmente un quadro completo sull'argomento.
Il libro, secondo me, è scritto molto bene (la prefazione di Marco Travaglio fa un'ottima introduzione) ed oltre ad esporre i fatti, descrive anche lo stato d'animo del protagonista (alcune volte in modo tragicomico) di questa "storia vera" che in questo caso è l'autore stesso.
Nella mia vita professionale ho imparato fin ora (e non si finisce mai di imparare) che qualsiasi professione/attività non si improvvisa ma richiede COMPETENZA e FORMAZIONE. Queste due lacune ho riscontrato alla base di questa storia.
Come leggerete qui di seguito il libro narra la storia di una persona, un giornalista, che decide di aprire una pizzeria e si ritrova catapultato in una realtà professionale e burocratica al di fuori dell'immaginabile per chi fino a quel punto si era occupato di giornalismo. Il nostro "neo imprenditore" si sorprende quando sente parlare di corsi di formazione, normative, cade dalle nuvole quando sente parlare di HACCP.
Per chi come me è nel settore della ristorazione, usare un linguaggio simile è cosa normale, ma è normale perchè nel tempo ho avuto modo di acquisire COMPETENZA e PROFESSIONALITA' attraverso una FORMAZIONE COSTANTE. E' come se io decidessi domani di diventare giornalista: senza formazione, competenza e conoscenza del sistema sarei destinato al fallimento.
Un altro tallone d'Achille che ho riscontrato nella storia è il fatto che il nostro neo imprenditore non aveva nessuna esperienza nel campo della pizzeria non aveva fatto mai il pizzaiolo.
Mi spiego meglio: non è detto che puoi aprire una pizzeria solo se sai fare la pizza o che sarai sempre impiegato a fare il pizzaiolo nella tua attività, avere esperienza diretta di pizzaiolo ti aiuta in una corretta gestione del laboratorio, dei fornitori/ingredienti, dei sistemi produttivi. Ti aiuta anche quando si verificano situazioni come nel libro, che diversi pizzaioli abbandonano il posto di lavoro, e che lasciano l'imprenditore in balia del destino. Un imprenditore FORMATO e COMPETENTE in una situazione del genere si sarebbe messo in cucina a "sfornare le pizze" garantendo cosi il "core business dell'impresa".

Il libro però mette in evidenza una triste realtà, che sto provando anch'io sulla mia pelle, aprire un'attività in Italia è dieci volte più difficile rispetto ad altri stati, in quanto la burocrazia e le leggi hanno diverse interpretazioni da regione a regione, provincia a provincia, ed addirittura tra comuni. Le stesse leggi hanno diverse interpretazioni ed applicazioni a seconda del controllo o autorizzazione richiesta: quello che va bene per la ASL non va bene per i NAS, quello che va bene per l'ispettorato del lavoro non va bene per i vigili del fuoco, ecc. A tutto questo si aggiunge l'incapacità di un sistema bancario diffidente (in alcuni casi giustamente) sulle nuove iniziative imprenditoriali. Finanziamenti europei, inaccessibili ed inutili (in quanto i soldi arrivano, quando arrivano, a consuntivo) che si rivolgono solo a persone disoccupate o disagiate, che spesso mancano di competenze; a discapito di chi vuole passare da dipendente a imprenditore, cercando di realizzare il proprio sogno.
Tutti ci dicono, e lo sappiamo, che stiamo attraversando un periodo difficile, un periodo di CRISI. La crisi, dal mio punto di vista è una cosa positiva: dalla crisi si possono sviluppare nuove opportunità, come ci narra anche Mario Calabresi nel suo libro "Cosa tiene accese le stelle". Ma occorre, soprattutto oggi, tanta competenza, tanto studio. Nulla può essere lasciato al caso perchè il "rischio d'impresa" va minimizzato il più possibile. Bisogna creare delle sinergie affinchè la nuova impresa abbia solide fondamenta, che non vuol dire solo dal punto di vista economico. Per come è strutturato oggi il nostro sistema, è molto difficile pensare a qualsiasi attività come "impresa individuale", poichè le attività sono molteplici come moltecipli sono anche gli adempimenti burocratici e normativi.
Vi lascio alla lettura dell'introduzione del libro con una citazione tratta da Gianluca Gambirasio (autore di diversi libri autorevoli) che dice: "Il valore di un'idea sta nel metterla in pratica"

VOLEVO SOLO VENDERE LA PIZZA -Dove è più facile aprire un’impresa? In un Paese dove si possono fare affari con relativa semplicità. Non è dunque il caso dell’Italia che nella classifica della Banca Mondiale è all’82esimo posto, dietro potenze – con tutto il rispetto – del calibro di Kazakhistan, Serbia, Giordania e Colombia. Il merito – si fa per dire – è della nostra infernale burocrazia. Così almeno la pensa il giornalista Luigi Furini che in ‘Volevo solo vendere la pizza’ (Garzanti editore) racconta una storia che se non fosse vera – avendo avuto lui stesso protagonista - potrebbe tranquillamente essere la sceneggiatura di un film comico.

Un saggio divertente sull’opprimente dittatura della burocrazia Ecco la storia. Un giorno l'autore - ex sindacalista Cigl, attualmente giornalista del Gruppo l’Espresso - ha la brillante idea di cambiare attività e di aprire una pizzeria da asporto nel centro di Pavia. L'idea nasce parlandone con l’amico di sempre proprio stando seduti al tavolo di una pizzeria: due conti e la conclusione che quella del pizzaiolo e un’attività che può diventare molto redditizia. La moglie sulle prime ha qualche perplessità, ma poi decide di assecondare il progetto del marito e il suo desiderio di diventare imprenditore: “Ci metto un forno e un bancone. Vuoi vedere che funziona?”. Sulla carta sembra tutto facile.
Così Luigi ci prova. Trova il locale e comincia a seguire i corsi di primo soccorso, quello antincendio, quello sulla prevenzione degli infortuni. Frequenta commercialisti e avvocati. Informa le ‘lavoratrici gestanti’ dei rischi che corrono. Sistema le cose con l'Asl: i regolamenti sull'igiene e l'obbligo di installare le numerose trappole per i topi.Compra centinaia di marche da bollo, compila e paga un'infinità di bollettini postali. Sei mesi dopo e con 100mila euro in meno apre finalmente l'attività: il tanto desiderato negozio di pizza da asporto che si chiama Tango.E qui comincia l'avventura. Luigi lavora 14 ore al giorno, si trova a dover fare i conti con i cosiddetti ‘lavoratori’ e con i sindacati. Risultato: dopo due anni chiuderà bottega.

giovedì 22 settembre 2011

Persone


"Le Persone non fanno la differenza. Le Persone SONO la differenza"
(Dante D'Alfonso)

mercoledì 21 settembre 2011

"Non fare debiti: scegliere di lavorare è meglio di dover lavorare" di Gianluca Gambirasio


Condivido con piacere un articolo pubblicato sul blog di Gianluca Gambirasio, con alcuni piccoli consigli per ciascuno di noi sia nell'ambito professionale che personale. Buona lettura.

Tratto dal libro (in fase di pubblicazione): “Atteggiamenti mentali e azioni per il successo: come trasformare le ambizioni personali e professionali in risultati” di Claudio Scalco e Gianluca Gambirasio

«Se il denaro non può dare la felicità, figuriamoci la miseria». Woody Allen

Sicuramente il denaro da solo difficilmente rende felici ma sicuramente aiuta ad essere più tranquilli. Aver un mutuo da pagare, la rata dell’automobile, l’affitto, le bollette, ecc. rischiano di metterci in una situazione economica di affanno che può non metterci nelle condizioni di avere la necessaria tranquillità per prendere delle decisioni ed affrontare dei cambiamenti. Molto diverso riuscire a conquistarsi la tranquillità economica tale per cui quando suona la sveglia decidiamo di andare a lavorare e non siamo obbligati ad andare a lavorare per sopravvivere e/o per pagare i debiti accumulati. Essere in una situazione economica in cui volendo potremmo non incassare nemmeno un euro per un certo lasso di tempo (più lungo è questo lasso di garanzia meglio naturalmente è) e poter tranquillamente vivere, ci mette forse in una situazione di maggiore serenità nel decidere di cambiare lavoro e/o nel dover affrontare un imprevisto e/o un momento di crisi.

Per riuscire a farlo non bisogna per forza vincere alla lotteria e/o avere chissà quale tipo di lavoro super pagato. Troppe volte la causa del problema è da ricercarsi nel voler vivere con un tenore di vita superiore alle proprie possibilità.

Per migliorare la propria situazione economica occorre non dimenticare alcune regole:

- mille semplici monete da un euro fanno 1.000 euro. Anche piccoli risparmi, piccole rinunce quotidiane, nel lungo periodo creano capitali ingenti. Se prendessimo l’abitudine di risparmiare anche solo 5 euro al giorno (= circa 150 euro al mese) nell’arco di 50 anni ci ritroveremmo con 91.250 euro a cui sommare tutti gli interessi nel frattempo maturati (come minimo avremmo oltre 130.000 euro…);

- spendere meno di quello che si guadagna. Se spendiamo più di quello che guadagniamo oltre all’esporsi al rischio di non poter affrontare imprevisti economici, ci indebiteremo con il conseguente attivarsi di interessi passivi da pagare e con il rischio di arrivare ad una situazione economica insostenibile;

- non cercare di fare soldi con la fortuna. Spendere soldi in puntate alla lotteria, macchinette al bar, scommesse, casinò, ecc. è un altro buon metodo per indebitarsi. Statistiche alla mano sono molto pochi quelli che diventano ricchi e tantissimi quelli che perdono soldi (ed alcuni si rovinano economicamente e non solo);

- non entrare nel circolo vizioso dell’apparire. Nella società del consumismo e dell’immagine molte persone acquistato beni più o meno di lusso per il solo gusto di ostentare una reale o finta ricchezza. Proviamo a riflettere sul valore delle cose e non cerchiamo di voler essere superiori agli altri possedendo il vestito più costoso, la barca più lunga, l’ultimo modello full optional di una fuoriserie, la vacanza più lontana, ecc.;

- trasformare le spese in tempo di lavoro. Ci si lamenta di lavorare troppo tempo ma in quanti di fronte all’acquisto di uno SmartPhone ultimo modello da più di 500 euro pensano che se il loro stipendio mensile è di 1.500 euro, significa che devono lavorare quasi 10 giorni (almeno 80 ore) per poterselo permettere? Ne vale veramente la pena o il telefonino che possediamo è più che sufficiente?;

- meglio un mutuo che un affitto. Oltre ai debiti fatti per motivi di salute, forse uno degli altri pochi debiti che conviene fare è quello relativo all’acquisto di un immobile di proprietà (escluso i pochi fortunati che lo possono acquistare in contanti). Si dovrà forse tirare ancor di più la cinghia rispetto al pagare un affitto ma alla fine del mutuo ci troveremo in mano un investimento e un risparmio per tutti gli anni a venire ed in futuro anche per i nostri figli o eredi. Una persona che dai 30 ai 70 anni paga un affitto (40 anni) di anche solo 500 euro al mese spende 240.000 euro aggiungendo poi gli interessi maturati di anno in anno, ha in pratica speso una cifra superiore all’acquisto di una villetta singola o quanto meno di una bifamiliare… Per evitare di imbarcarci in un mutuo colossale a volte conviene all’inizio comprare una soluzione più piccola (monolocale o bilocale) o in una zona periferica per poi passare ad una soluzione più adatta alle nostre esigenze;

- non farsi tentare dai pagamenti rateali. Molte persone si lasciano ammaliare dalla pubblicità che parla di interessi zero o di piccole rate da 100 euro al mese… Leggendo bene molte volte non è nemmeno così (leggete sempre con attenzione il TAEG – Tasso Anno Effettivo Globale che rappresenta il reale tasso d’interesse da voi pagato). Una piccola rata più una piccola rata più un’altra piccola rata,… alla fine può portare ad un grande debito;

- attenzione alle offerte speciali. Anche se un prodotto e/o un servizio è realmente un’offerta o una promozione (esistono aimè anche i truffatori…), avete mai pensato che acquistare un qualcosa di superfluo al 50% di sconto non significa risparmiare il 50% ma buttar via dei soldi?;

- lavorare per denaro. Condividiamo che il lavoro sia fonte di infinite soddisfazioni al di là dell’aspetto economico, ma conviene forse impegnarsi per massimizzare la nostra capacità di valorizzare il nostro lavoro nell’attuale impiego e/o ricercando situazioni lavorative che ci consentano di guadagnare maggiormente. Cosa posso fare per guadagnare di più di quanto guadagno attualmente?;

- investire i propri risparmi per crearsi una rendita. Tenere i soldi su un conto corrente e/o sotto il materasso è un ottimo modo per fargli perdere di valore nel corso del tempo a causa dell’inflazione. Diversifichiamo i nostri investimenti per ottenere un buon rendimento in linea con la nostra propensione al rischio. Non dimentichiamo mai una semplice regola nelle decisioni di investimento: rendimento alto = rischio alto. Investendo bene i nostri risparmi riusciremo a crearci una rendita che senza bisogno di aspettare il giorno della pensione ci potrebbe consentire di lavorare con maggiore tranquillità o volendo persino di smettere di lavorare. Aver messo da parte ad esempio €150.000 e farli fruttare anche solo un 3% all’anno significa avere ogni anno €4.500 di entrate extra lavoro;

- valutare con attenzione i rischi a cui si è economicamente esposti. Ci sono tutta una serie di rischi personali e/o professionali a cui si è esposti che se si verificassero rischierebbero di mettere economicamente in ginocchio noi e/o la nostra famiglia e/o la nostra impresa. Conviene pensare in anticipo a quali potrebbero essere e valutare la convenienza a stipulare un’assicurazione per tutelare noi e i nostri cari. Ad esempio per un imprenditore un eventuale infortunio potrebbe causare l’immediata interruzione delle proprie entrate e di conseguenza una polizza infortuni può fare al caso suo. A volte è meglio sobbarcarsi un onere certo che correre un rischio grave;

- chiedere sempre più preventivi e/o uno sconto. Attenzione a comprare quello che ci serve nel posto più vicino a casa o di fretta o senza chiedere più preventivi prima di scegliere. Confrontare più offerte può consentirci di risparmiare, a parità di prodotto e/o servizio acquistato, tantissimi soldi. Con l’avvento di internet ad esempio, la possibilità di confrontare velocemente più offerte risparmiando è alla portata di tutti. In occasione del rinnovo della vostra polizza auto avete provato a fare più preventivi con le compagnie assicurative online. In meno di venti minuti potreste riuscire a risparmiare qualche centinaia di euro. Invece di comprare il TV LCD nel supermercato vicino a casa, avete mai provato a cercare online lo stesso modello, potreste risparmiare anche un buon 30% e farvelo consegnare direttamente a casa.

martedì 20 settembre 2011

"Il curioso caso di Benjamin Button"


Proprio oggi, casualmente ho rivisto un film che ogni volta che lo rivedo mi suscita nuove emozioni "Lo strano caso di Benjamin Button". So che è una storia inventata, ma è molto coinvolgente e molto toccante. Vedendolo oggi mi sono ricordato del post scritto qualche giorno fa "Abbattere il pregiudizio" che ha suscitato tanti commenti. Anche in questo caso il protagonista, perchè affetto di una patologia rara era già stato giudicato e condannato alla nascita da persone abituate a ragionare e vedere le cose nello stesso schema. Bello è vedere come le storie dei due protagonisti si intrecciano nelle varie fasi della vita e di come queste dopo un certo punto procedano in sensi opposti: una verso la vecchiaia del corpo, l'altro verso un "finto ringiovanimento". Molto toccanti le ultime scene del film. Non aggiungo altro vi lascio consigliandovi la visione. Se lo avete visto, cosa ne pensate?

Frase celebre:
"Per quello che vale non è mai troppo tardi, o nel mio caso troppo presto, per essere quello che vuoi essere non c'è limite di tempo, comincia quando vuoi; puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola in questo.. possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio, spero che tu viva tutto al meglio, spero che tu possa vedere cose sorprendenti, spero che tu possa avere emozioni sempre nuove, spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi, spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita, e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero."

TRAMA (tratto da: mymovies.it) Benjamin Button nasce il giorno della fine della prima guerra mondiale, è un bimbo in fasce ma ha la salute di un novantenne: artrite, cataratta, sordità. Dovrebbe morire il giorno dopo e invece più passa il tempo più ringiovanisce. La sua è una vita al contrario che attraversa il Novecento americano sempre alla ricerca del primo e unico amore, una donna molto più emancipata, libera e in linea con il suo tempo di lui. L'unico momento in cui si potranno trovare sarà all'incrociarsi delle loro età: "Mi amerai ancora quando sarò vecchia?", chiede lei. "E tu mi amerai ancora quando avrò l'acne?" risponde lui. Fincher sceglie di narrare una storia con un espediente classico: a partire dalla modernità, attraverso le memorie di un diario letto alla protagonista ormai anziana e in punto di morte. Fotografa tutto virando verso il seppia e opta per la calligrafia spinta, cosa che ovatta il racconto con l'indulgenza e il fascino di cui sono dotati i ricordi. Il risultato è un'agiografia del passato che vince sul presente (New Orleans ieri e oggi con Katrina alle porte), una prospettiva a ritroso indulgente e favolistica sugli Stati Uniti che non affronta nessun tema davvero e che, cosa bene più grave, manca di emozionare con sincerità.
Benjamin Button ringiovanisce invece di invecchiare ma questo non ha nessun effetto sulla trama nè tantomeno serve a dare una visione particolare degli eventi in cui è coinvolto o della società in cui è inserito, come avveniva invece con la stupidità di Forrest Gump (il paragone inaffrontabile con l'opera di Zemeckis sorge spontaneo data la sostanziale identità della struttura della storia).
Il curioso caso di Benjamin Button sembra chiedersi unicamente "Come si comporterebbe un vecchio con la testa di un bambino? E come un giovane con l'esperienza di un vecchio?", tentando di conseguenza una riflessione sulla morte e sulle possibilità di sfruttare al massimo la propria vita. "Non sai mai cosa c'è in serbo per te" ripete a Benjamin la madre adottiva, evitando accuratamente di citare scatole di cioccolatini.
Gigantesco il lavoro fatto sull'invecchiamento e il ringiovanimento digitali di Brad Pitt, entrambi ottenuti sperimentando una tecnica innovativa di motion capture. Il risultato è evidente: in ogni caso il personaggio è sempre lui, Brad Pitt, anche quando gli somiglia veramente poco. Meno celebrata invece Cate Blanchett che, invecchiata e ringiovanita anch'essa per esigenze di copione, supplisce alla frequente mancanza di digitale con la solita prestazione fuori da ogni ordinarietà.

lunedì 19 settembre 2011

Comunicazione


"Comunicare qualcosa agli altri, non necessariamente significa che questo qualcosa verrà recepito alla nostra stessa maniera".
(Alma Gjini)

Rita Levi Montalcini


"Ho perso un pò la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso e sento più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente e il mio cuore".
(Rita Levi Montalcini)

mercoledì 14 settembre 2011

Abbattere il pregiudizio...


Nel mio lavoro ho la fortuna di incontrare spesso Persone Straordinarie. Queste Persone operano in campi più svariati: professionale, sociale, ecc. Persone e Professionisti che svolgono la loro preziosa missione operando al di fuori dei riflettori. In questa estate di persone così ne ho conosciute diverse. Nell'azienda per la quale lavoro, McDonald's, stiamo da diversi mesi promuovendo il progetto "Cucine Aperte" per dare la possibilità a chi vuole di visitare la nostre cucine e scoprire "i segreti del mondo del Big Mac", ed aggiungo io cercare di "abbattere qualche Pregiudizio"... Durante uno di questi "store tour" abbiamo avuto il piacere di conoscere, in modo del tutto casuale, l'Associazione "PERCORSI" che si occupa si seguire e reintegrare persone con diversi problemi, cercare di inserirle o reinserirle in contesti sociali e professionali, cercando di "abbattere i Pregiudizi" che di solito la collettività ha nei confronti di queste persone. Proprio sulla parola PREGIUDIZIO abbiamo trovato diverse analogie. Il pregiudizio nasce dall'ignoranza, dalla voglia di NON CONOSCERE ma di giudicare gratuitamente e spesso con cattiveria lasciando nella persona "pre-giudicata" strascichi nella persona e nella personalità. Il pregiudizio non riguarda solo persone considerate "diverse" ma tutti noi. In questi giorni, sto cercando di combattere questo "pregiudizio" nel mio quotidiano. Con l'associazione "Percorsi" abbiamo iniziato un progetto di collaborazione che speriamo possa aiutare queste persone ad integrarsi nella nostra società in modo autonomo, e mi fa piacere oggi portare questa splendida realtà alla vostra conoscenza.

Vi saluto pubblicando di seguito un brano tratto dal periodico dell'associazione PERCORSI che mi ha molto colpito quando l'ho letto sia per contenuti che per forma. Quando qualche giorno fa ho chiesto al Dott Fabio Fischietti, notizie sull'autrice, sono rimasto ulteriormente colpito...Per delicatezza non lo riporto ma è una storia veramente particolare che rende ancora più straordinario il brano. Rileggendolo mi sono immedesimato in questa persona e sinceramente penso che sia una persona veramente coraggiosa...Buona lettura!

per saperne di più: www.percorsi.abruzzo.it

STORIE di Glenda Catenaro
(tratto da "Lo Strillone" estate 2011) - A chi insegue un sogno nella vita, ai tenaci, ai testardi, agli ostinati, a chi cade e si rialza, a chi ci prova sempre e a chi non molla mai. Perchè loro sono quelli che guardano avanti, quelli che sperimentano sempre, quelli che credono nel futuro e non smettono mai di sognare. Quelli che si sentiranno vecchi solo quando i rimpianti saranno sauperiori ai sogni. La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo. Il nostro tempo. Noi cresciamo e maturiamo collezionando queste esperienze. Sono queste che poi vanno a definirci. Alcune sono più importanti di altre, perchè formano il nostro carattere. Ci insegnano la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. La differenza tra il bene e il male. Cosa essere e cosa non essere. Ci insegnano chi vogliamo diventare. In tutto questo, alcune persone e alcune cose si legano a noi in un modo spontaneo ed inetricabile. Ci sostengono nell'esprimerci e nel realizzarci. Ci legittimano nell'essere autentici e veri. E se significano veramente qualcosa, ispirano il modo in cui il mondo cambia e si evolve. E allora, appartengono a tutti noi e a nessuno . Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini, che trovano più facile vivere nel modo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto. E' un OPINIONE. Impossibile non è una regola. E' una SFIDA. Impossibile non è uguale per tutti. IMPOSSIBILE NON E' PER SEMPRE...

venerdì 9 settembre 2011

Nikklas Zennstrom


"Costruire qualcosa non è un one-man show. E' più importante avere intorno a sè persone intelligenti che credono realmente in quello che stai facendo piuttosto che persone con esperienza che non condividono il tuo sogno"
(Nikklas Zennstrom - fondatore di Skype)

sabato 3 settembre 2011

Il burrone


Piccola storia, grande insegnamento! Grazie Giannicola

IL BURRONE
Un monaco si lamentò con il suo maestro perché non riusciva a raggiungere il satori.
"La colpa è tua" gli rispose il maestro.
"In che cosa sbaglio? Che cosa mi manca?" domandò l'allievo.
"Vieni con me, e te lo mostrerò."
Il maestro chiamò un altro discepolo, che era cieco, e tutt'e tre si recarono sulla montagna, in un punto in cui uno stretto tronco era stato gettato su un burrone.
"Attraversa!" disse il maestro al primo monaco.
Il poveretto guardò il fondo del burrone, il debole tronco e rispose: "Non posso: ho paura".
Allora il maestro si rivolse al discepolo cieco e gli diede lo stesso ordine.
Il monaco attraversò senza esitare il burrone.
"Hai capito?" domandò il maestro al primo monaco.

Commento: È sempre la paura il sentimento che si oppone al nostro risveglio: la paura di essere autonomi, la paura dell'ignoto, la paura di perdere il proprio ego, la paura della responsabilità. Eppure, per colmare il divario, per raggiungere l'altra riva, è necessario affrontare l'abisso; e questo non può essere fatto se non si eliminano i mille timori che ci accompagnano nell'attraversamento. Il coraggio è indispensabile sulla Via della liberazione, come, d'altronde, in tutte le imprese fondamentali della vita. Come recitano dei versi di Wu-men, si tratta di "Camminare sul filo d'una lama, correre sulla cresta del ghiaccio, non preoccuparsi della scala, lasciare il sostegno sul precipizio."

"Mia madre è un fiume" di Donatella Di Pietrantonio


Chi ha detto che "l'erba del vicino è sempre più verde"? Spesso quando sentiamo parlare di autori della nostra zona, stupidamente e con la mentalità provinciale, pensiamo che questi non siano all'altezza di altri autori più blasonati o esteri (come se risiedere all'estero sia garanzia di qualità). Ma come spesso succede anche in altri campi "nessuno è profeta in patria". Qualche settimana fa mentre facevo il mio giro di perlustrazione in libreria mi sono imbattuto in questo libro di Donatella Di Pietrantonio "Mia madre è un fiume", attratto dal titolo e come sapete, da un pò di tempo sensibile all'argomento. Non avendo più la mamma, cerco, quando possibile, attraverso dei libri, un contatto con ricordi ed avvenimenti vissuti che poi sono simili per tutti. La cosa che mi ha sorpreso piacevolmente (e che ora voglio condividere con voi) è stata l'origine dell'autrice: abruzzese, nata ad Arsita e residente a Penne (ma che non conosco direttamente); la cosa che mi ha fatto ulteriormente piacere e che testimonia quanto scritto sopra "nessuno è profeta in patria" è che sulla fascetta della copertina sono riportate le critiche/piccole recensioni del libro fatte da persone autorevoli (la maggior parte donne) che vivono però fuori abruzzo.
Il libro secondo me è molto bello nella storia, nell'ambientazione, nelle descrizioni, e nello stile letterario particolare.
Essendo "abruzzese" e conoscendo i luoghi dove si svolgono i fatti, mi sono divertito ad immaginarli nella mia mente con una certa precisione cosi come vengono descritti nel libro: i paesaggi, le montagne, le abitudini e tradizioni contadine (alcune descritte in modo forte e diretto come si faceva una volta), i piatti della cucina abruzzese. La storia è quella del rapporto madre e figlia, forte ed a tratti combattuto come spesso accade nei rapporti genitori/figli che si intensifica e suscita ricordi quando la mamma della protagonista si ammala e quindi ha bisogno di aiuto e sostegno da parte della famiglia. Una nota particolare voglio farla sullo stile (non sono un critico quindi spero perdonerete qualche termine improprio): le frasi sono molto brevi e terminano sempre con il punto, pensieri che sembrano intrecciarsi ma che risultano lineari e che simulano un dialogo con la madre e con gli altri presonaggi del libro.
Mi permetto una riflessione/domanda che vorrei fare all'autrice: nel libro spesso si usano termini, modi di dire, espressioni dialettali che potrebbero risultare di difficile comprensione per un lettore fuori regione e non vi sono "asterischi" o "note" che spiegano il significato di quel termine o modo di dire; piccoli accorgimenti che renderebbero ancora più appetibile fuori dai nostri confini regionali questo bellissimo libro.

"...Siediti pure tu un momento, guarda che bella sera. Si accendono tutte le stelle. E qualche lucciola, guarda. Adoro le lucciole. Da piccola ti proibivano di chiuderle tra le mani, dicevano che ti sarebbero spuntate le verruche. Lo stesso se contavi le stelle con il dito. No, io non c'ero, l'ho saputo molto dopo, da te."

MIA MADRE E' UN FIUME - Il racconto poetico e indimenticabile di un amore tra madre e figlia "andato storto da subito". Un romanzo potente e vitale, in cui le vicende personali si uniscono alla storia corale di un'Italia contadina, ritratta dagli anni della guerra fino ai nostri giorni. Quando Esperia mostra i segni di una malattia che toglie la memoria, è tempo per la figlia di prendersi cura di lei e aiutarla a ricostruire un'identità smarrita. Inizia cosi, giorno dopo giorno, il racconto di un passato dal quale riaffiorano ricordi dolcissimi e crudeli, riprendono vita le figure dei familiari e degli abitanti della piccola comunità montana che le ha viste nascere e crescere entrambe. In un Abruzzo luminoso ed aspro, che affiora tra le pagine come una terra mitologica e lontana, le fatiche della campagna, l'allegria dei matrimoni, la ruvidezza degli affetti, l'emancipazione dell'analfabetismo e la fine della sottomissione femminile si intrecciano al racconto di una lenta metamorfosi di sentimenti in un indissolubile legame madre-figlia che oscilla tra amore e odio, nostalgia e rifiuto. La densità della scrittura, le moltecipli stratificazioni della narrazione, unite alla profondità dello sguardo con cui l'autrice segue lo scorrere dell'esistenza dei suoi protagonisti, rendono questo libro un esordio sorprendente, la scoperta di una voce unica che ha il potere e la magia di un incantesimo.

DONATELLA DI PIETRANTONIO: E' nata e ha trascorso l'infanzia ad Arsita, un paesino della provinvia di Teramo, e vive a Penne (Pescara). Scrive dall'età di nove anni racconti, fiabe, poesie e un romanzo, questo.


venerdì 2 settembre 2011

Una giornata in barca a vela



Nel mese di agosto ho avuto la fortuna di partecipare ad un corso aziendale che metteva in evidenza le analogie tra le varie attività professionali e le attività che si svolgono su una barca a vela. Al di là dell'esperienza formativa la cosa che mi ha colpito e che ora voglio condividere con voi è stata l'esperienza in barca a vela. Da sempre, come molti di voi, sono un appassionato del mare, ma non ho mai avuto l'occasione di fare un'esperienza del genere; pensavo anche (stupidamente) che la pratica della vela era riservata solo ad un gruppo di persone che economicamente potevano permetterselo...niente di più sbagliato!

La barca a vela, oltre a trasmettere emozioni irripetibili, spinge a vedere le cose da un nuovo punto di vista ed alimenta in noi riflessioni sul modo in cui approcciamo e gestiamo gli eventi. Il capitano della barca nonchè nostro istruttore mi ha detto: "credo molto nel forte valore che la pratica della vela può avere per rafforzare nelle persone la visione proattiva e collaborativa rispetto agli eventi della vita. Questa visione positiva a mio avviso è di grande aiuto nella vita quotidiana e lavorativa e può essere suscitata, stimolata ed alimentata con azioni mirate in cui l'individuo è portato a confrontarsi con l'ambiente ed il prossimo in un contesto in cui tutti sono "nella stessa barca" ed ogniuno deve dare il meglio per il bene proprio e degli altri.

E' per questo che oggi voglio proporvi di vivere "una giornata in barca a vela", dove, guidati da un team di esperti possiamo avere la possibilità di vivere e vedere il mare in un'altra prospettiva, godere del vento ed imparare le principali tecniche di navigazione.

Ho pensato di fissare due date per venire incontro alle varie esigenze professionali, ci sono persone che per turni di lavoro o settore sono più interessate ad una giornata infrasettimanale ed altre più interessate nel week end.

le date dovrebbero essere:

1) domenica 25 settembre

2) martedi 27 settembre

Ritrovo al Porto Turistico Marina di Pescara - molo C alle ore 8,30/9,00 rientro previsto alle ore 18,00/18,30 (pranzo in barca da concordare)

Costo della barca (compreso di equipaggio) euro 600 da dividere con i partecipanti, in genere un equipaggio è composto da circa 8 persone

Cosa portare con se: costume da bagno, pantaloncini e t-shirt, guanti tipo palestra o ciclismo, giacca a vento o k-way, cappellino, occhiali da sole....

Al fine di organizzare al meglio le giornate, vi prego di dare la vostra adesione entro il 10 settembre.

Resto a vostra diposizione per ulteriori informazioni e chiarimenti (tel 339.5091515)

Sperando di avervi fatto cosa gradita, sarei felice di rivedervi "a bordo" per vivere un'esperienza che sicuramente resterà nei vostri cuori cosi come è rimasta nel mio

A presto Dante