domenica 11 settembre 2016

"Ho osato vincere" di Francesco Moser e Davide Mosca

Non sono mai stato un appassionato di ciclismo, ma ho sempre seguito due grandi ciclisti: Marco Pantani e Francesco Moser. Il ricordo di oggi è dedicato a Francesco Moser, il campione del record dell'ora (anno 1984). Campione che ho visto correre dal vivo una sola volta tanti anni fa ma che ricordo ancora bene: la gara si disputava al velodromo Vigorelli di Milano e la scuola aveva organizzato un pullman per andare a vedere l'evento (avrò avuto 9 anni), una vera celebrazione del campione, con tanto di gadget e poster (che per diverso tempo è stato appeso nella mia cameretta). La seconda volta, invece, grazie ad una riunione aziendale (febbraio 2016), abbiamo fatto visita alla sua azienda vinicola ed al suo "museo" www.cantinemoser.com a Trento. E proprio li, nella sua terra, nella sua casa, l'Uomo Francesco, tra un bicchiere di buon vino, ha raccontato in compagnia dei suoi figli, le gesta del Campione Moser. Inutile dire, che tutti noi siamo stati travolti dai suoi racconti, dalle sue gesta ed imprese, raccontate con tutta la passione e la semplicità di chi le ha vissute e le vive ancora nel suo cuore, passeggiando nel suo museo tra cimeli, trofei, biciclette…"passeggiando tra i suoi ricordi…"
Proprio in quella occasione ho comprato il libro "Ho osato vincere" scritto a quattro mani da Francesco Moser e Dario Mosca; un libro che ho letto con passione e trasporto. La storia di Moser va in parallelo ad un pezzo delle storia d'Italia, perché lui come tanti altri sportivi ne ha fatto parte, era un punto di riferimento di tanti italiani; tanti tifosi sparsi in Italia e nel mondo che lui rispettava profondamente: "Il vero ciclismo è il pubblico, a cui va tutto il nostro rispetto. E l'unico modo per rispettarlo è lottare fino allo stremo delle forze. Saranno anche trascorsi secoli e cambiati i nomi, ma questo siamo: gladiatori".
Un corridore, uno sportivo, un romantico, un uomo, che nonostante il trascorrere del tempo ha ancora in se la fiamma agonistica del campione. Buona lettura.

"Ho vinto spesso, qualche volta ho perso, non ho mai partecipato" (F.Moser)

Scheda del libro
HO OSATO VINCERE (ed Mondadori)«Cadi nove volte, rialzati dieci.» Francesco Moser in bicicletta è stato un numero uno, vincendo più di ogni altro ciclista italiano. Ma tutti i suoi grandi successi – dal Mondiale su pista del 1976 a quello su strada del 1977, dalle tre Parigi-Roubaix inanellate di seguito fra il 1978 e il 1980 alla vittoria al Giro d'Italia del 1984 – sono nati dalla tenacia con cui si è saputo risollevare dopo le sconfitte, rimontando ogni volta in sella deciso a dare battaglia, senza mai risparmiarsi sui pedali. Così Moser è diventato uno degli sportivi più amati di ogni tempo, fino alla consacrazione del record dell'ora, il primato stabilito a Città del Messico nel 1984 a trentatré anni, quando erano in molti a considerarlo ormai sul viale del tramonto. Del resto lui è sempre stato l'uomo dei primati. Non solo per i tre record dell'ora – in altura, al livello del mare e al coperto – ma perché fu un innovatore su tutti i fronti, proiettando il ciclismo di quegli anni nel futuro: fu il primo a usare le ruote lenticolari, a indossare gli occhiali antivento, a sperimentare nuovi metodi d'allenamento, tutti dettagli che poi gli altri corridori copiarono. Dopo Coppi e Bartali, nessuno come lui ha saputo raccogliere intorno a sé l'affetto di tifosi e appassionati, che si rispecchiavano nel ciclista fiero e dalla pedalata potente, poco avvezzo a strategie e giochi di squadra, sempre pronto a spingere e ad attaccare per arrivare, semplicemente, davanti a tutti. Con la schiettezza che l'ha reso celebre, in queste pagine Moser ripercorre in prima persona la propria epopea sportiva, dall'infanzia contadina nella sua Palù di Giovo, in Trentino, ai record messicani, dai duelli con Merckx alla rivalità con Saronni, dalle infernali classiche del Nord ai Giri d'Italia, dalle brucianti sconfitte alle incredibili vittorie. Una carriera ineguagliata, e insieme il grande romanzo popolare di un eroe che ha saputo conquistare un posto nell'immaginario collettivo.

L'autore
FRANCESCO MOSERè l'italiano che vanta il maggior numero di vittorie nella storia del ciclismo. Tra i suoi innumerevoli trionfi ci sono il Giro d'Italia e alcune delle classiche più importanti, come la Milano-Sanremo, la Freccia Vallone, il Giro di Lombardia e la Parigi-Roubaix, vinta per tre volte consecutive. Campione del mondo su strada e nell'inseguimento su pista, nel 1984 a Città del Messico stabilì il record dell'ora, battendo quello precedente di Eddy Merckx, e ottenendo poi anche il primato nel 1986 a Milano al livello del mare e nel 1988 a Stoccarda al coperto.

martedì 6 settembre 2016

"Mi hanno regalato un sogno " di Bebe Voi

Noi esseri umani siamo proprio strani: i "normodotati" guardano con ammirazione  e si ispirano alle persone con disabilità che superando tanti ostacoli, barriere (fisiche e mentali) riescono ad affermarsi nello sport compiendo imprese straordinarie. Proprio loro, i normodotati, che da "madre natura hanno avuto tutto il necessario, il kit completo...". Dall'altra parte, le persone con "disabilità" (sia quelli nati in questo stato, sia quelli che in seguito a malattie ed incidenti si sono ritrovati in questo nuovo stato, in una nuova vita) non accettano questo stato, questo modo di vivere e vogliono portarsi alla pari delle persone "normodotate", ed in alcuni casi superarle gareggiando alla "pari". Una staffetta continua che, in una sana immaginaria competizione, sposta l'asticella sempre più in alto, raggiungendo insieme traguardi fino a poco tempo fa inimmaginabili, grazie anche alla tecnologia ed innovazione in campo medico.
Pensiamo a quanto successo hanno le paralimpiadi soprattutto in questi ultimi anni, grazie anche ad atleti e persone di spicco che in qualità di testimonial, raccontano attraverso le loro storie: Alex Zanardi, Giusy Versace, e la protagonista di questo post ed il libro che vado a presentare Beatrice Voi (Bebe Voi).
Ho "conosciuto" Bebe attraverso delle interviste e contributi su Radio Deejay, i social e le varie interviste rilasciate; continuo a seguirla attraverso i social. proprio dalla radio, qualche mese fa ho scoperto questo libro che ho letto con molto interesse e partecipazione.
E' la storia straordinaria di questa ragazza che è sopravvissuta ad una malattia che non lascia scampo, una meningite acuta in seguito alla quale le sono stati amputati gli avambracci e le gambe, ha saputo reagire sia nella vita quotidiana e nello sport raggiungendo e superando traguardi a livello paralimpico. Dotata di entusiasmo contagioso, insieme a genitori e vari sostenitori ha fondato un'associazione benefica "art4sport" per sostenere e promuovere lo sport fra i disabili.
E' anche la storia della sua famiglia (mamma Teresa e papà Ruggero) che le è stata sempre vicina, anche nei momenti più bui e forte incertezza che nel libro vengono descritti, perché le belle storie hanno sempre momenti difficili che vengono superati solo grazie all'amore ed alla determinazione di tutti

Non solo un semplice libro, ma una storia scritta con passione, entusiasmo e simpatia che ci farà vedere il mondo con altri occhi… gli occhi di continua a sognare… Buona lettura

Scheda del libro
"MI HANNO REGALATO UN SOGNO"Bebe, appena diciottenne, come tutti i ragazzi della sua età ama divertirsi: andare al centro commerciale o ai concerti con le amiche, mettersi in tiro per uscire la sera… Non ci sarebbe nulla di strano se non stessimo parlando di Beatrice Vio che a undici anni, dopo essere stata colpita da una forma di meningite acuta, ha subito amputazioni a gambe e braccia. Ma per Bebe la malattia non è la fine, anzi rappresenta soltanto una piccola parentesi tra quello che era prima – una bambina con una famiglia fantastica, moltissimi amici e le “tre S” (scuola, scout, scherma) – e quello che è diventata, ovvero un’adolescente felice, con ancora più amici di prima e sempre le “tre S”, ma un po’ cambiate: oggi frequenta le superiori, ha ormai ricevuto il suo nome-caccia scout (Fenice Radiosa) e ha già vinto diverse medaglie in competizioni paralimpiche di scherma, anche internazionali, di altissimo livello. Eccezionale atleta e insieme ragazza scoppiettante di vita, Bebe si racconta in queste pagine che traboccano di entusiasmo: dalle gare in giro per il mondo alle vacanza all’Elba, dalle figuracce in tv alle gioie delle protesi con tacco, dai faccia a faccia con i suoi miti agli incontri motivazionali che tiene nelle piazze e nelle scuole. E dei suoi sogni. Perché dopo avere fondato con i genitori art4sport (un’associazione onlus che avvicina i ragazzi con disabilità fisiche allo sport), avere fatto la tedofora a Londra 2012 e avere gareggiato con le atlete più forti al mondo, ha ancora qualche sfizio da togliersi. Ma soprattutto vuole continuare la sua missione: far capire a tutti, con o senza disabilità, che «la vita è proprio una figata!».

L'autrice - BEATRICE VIO (tratto da wilkipedia)
Nata a Venezia e residente a Mogliano Veneto (TV), è seconda di tre fratelli[1]; nella scherma (attività coltivata in parallelo allo scautismo[2]) fin dall'età di cinque anni e mezzo[1], a fine 2008 fu colpita a 11 anni da una meningitefulminante che le causò un'estesa infezione, con annessa necrosi, ad avambracci e gambe di cui si rese necessaria l'amputazione[1]Dimessa dopo tre mesi e mezzo di degenza ospedaliera[3] riprese immediatamente la scuola. Successivamente si sottopose a riabilitazione motoria e fisioterapia presso il centro protesi di Budrio (BO) e circa un anno dopo l'insorgenza della malattia riprese anche l'attività sportiva, anche agonistica, come schermitrice grazie a una particolare protesi progettata per sostenere il fioretto[4]Da allora è divenuta testimonial in molti programmi televisivi per diffondere la conoscenza della scherma su sedia a rotelle e dello sport paralimpico in generale; in un paio di occasioni ha gareggiato a scopo pubblicitario insieme alla plurimedagliata, e sua ispiratrice, Valentina Vezzali[1]Nel 2009 la famiglia di Beatrice Vio fondò art4sport, ONLUS di sostegno all'integrazione sociale tramite la pratica sportiva di quei bambini che abbiano subìto amputazioni. Nel 2012 fu tra i tedofori ai Giochi paralimpici di Londra[3]; in occasione di Expo 2015 Vio è stata scelta qualetestimonial della Regione Veneto alla rassegna internazionale[5].

Attività sportiva[modifica | modifica wikitesto]

Allenata dalle sue maestre di sempre, Federica Berton e Alice Esposito[6], Vio disputò la sua prima gara ufficiale aBologna nel maggio 2010; già nel 2011 fu campionessa italiana Under-20 e nel 2012 e 2013 fu campionessa italiana assoluta[7]. Vincitrice di alcune gare in Coppa del Mondo, del giugno 2014 è il titolo europeo assoluto paralimpico nel fioretto categoria "B" individuale e a squadre ai campionati continentali di Strasburgo[8], mentre del settembre successivo è il titolo mondiale Under-17 al campionato mondiale paralimpico di scherma di Varsavia (Polonia)[9]. Dell'ottobre 2014 è inoltre l'Italian Paralympic Award, premio conferito dal Comitato Italiano Paralimpico ai migliori atleti italiani paralimpici[10]. Il 19 settembre 2015 si è laureata campionessa mondiale del fioretto individuale nel corso dei campionati di scherma di categoria tenutisi a Eger (Ungheria)[11]

Unire i puntini...di Steve Jobs

"...Quindi, non è possibile "unire i puntini" guardando avanti; si possono unire solo a posteriori, guardando indietro. Pertanto bisogna avere sempre fiducia che i puntini in qualche modo, nel vostro futuro, si uniranno..."
(Steve Jobs - discorso Univ di Stanford)

la perfezione